menù di carne

“è una coscia, una semplice, semplicissima coscia”

mi sfiori sotto al tavolo e la sento, tirare i tuoi pantaloni, quasi a farli scoppiare: dura, robusta, scattante

mangio e mi ripeto “è una coscia, una semplice, semplicissima coscia” ma tu ti strusci e inghiotto di fretta il boccone, capezzoli ritti, voglia di te

mi guardi e sorridi, dal maglione si vedono i piccoli chiodi impigliati nella lana e un leggero rossore sul viso. la gente intorno scompare, un chiacchiericcio lontano e inutile, mi ronzano le orecchie

“è una coscia, una semplice, semplicissima coscia” mi diresti se sapessi cos’ha scatenato la mia voglia

ma io apro le gambe, coperte dalla tovaglia, sposto le mutandine e affondo il dito lì, al caldo umido, come se fossi un soufflè bollente, gonfio da scoppiare

ti vedo, lì, come ieri, riflesso nello specchio: tu che mi monti a pecora e io che fisso quella coscia (quella semplice, semplicissima coscia) che forza sul ginocchio, affossato nel materasso, e si fa forza per spingere

inculandomi